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5 Settembre 2017 da mariomaratea

Il Racconto del Reale ci insegna a decifrare La percezione della paura

Il Racconto del Reale ci insegna a decifrare La percezione della paura
5 Settembre 2017 da mariomaratea

Il porto d’armi, l’affollamento dei poligoni, ma soprattutto la paura. La puntata de Il Racconto del Reale intitolata La percezione della paura – Il boom delle armi in Italia, curato da Michele Bongiorno e diretto dal regista Andrea Bettinetti,  in programma su Sky Atlantic domenica 10 settembre alle ore 21.15, ci porta in questo mondo attraverso le testimonianze di un istruttore e di persone vittime di aggressioni.

Porto d’armi o non porto d’armi? E’ questa la questione? In un certo senso lo è, ma come spiega Alessio Carparelli, rappresentate delle Forze dell’Ordine e istruttore di corsi di maneggio armi in sicurezza, la questione è “abituare la mente a prevenire le situazioni di pericolo”. Questi temi e altri, comprese le testimonianze di vittime di rapine e aggressioni, sono al centro della puntata de Il Racconto del Reale intitolata La percezione della paura – Il boom delle armi in Italia, curato da Michele Bongiorno e diretto dal regista Andrea Bettinetti, in programma su Sky Atlantic domenica 10 settembre alle ore 21.15.

I successi olimpici nelle discipline con armi aumentano il numero degli iscritti. All’entusiasmo sportivo va aggiunta la paura di quello che succede in Italia. I telegiornali sono tutta cronaca e politica e dunque, avvolto dalla paura, ognuno si arma con quello che può, a partire dalle sbarre alle finestre, che rendono i cittadini più carcerati di chi è davvero carcerato. Dunque prendere la pistola comporta una scelta di responsabilità per più soggetti. Chi è oggi il prototipo di Rambo? E’ chi vede ignorate le sue paure? Ci muoviamo in ambienti a sicurezza zero e poco protetti dalla legge? Ci sono collezionisti che sostengono che le armi non incidono nella sicurezza ma ciò non toglie che il numero di richieste di porto d’armi è raddoppiato negli ultimi anni.

Carla De Conti in sette anni ha subito tre rapine, di cui una a mano a armata, cinque furti e svariati altri tentativi che non sono andati a segno. Ha presentato undici denunce alle Forze dell’Ordine e a una decina ha rinunciato perché inutili. Così racconta la volta che è stata aggredita da banditi armati: “Uno mi ha messo la pistola sul fianco mentre l’altro faceva il giro dei cassetti, poi mi hanno chiusa in ufficio e sono svenuta. Il giorno dopo sono tornata al lavoro fingendo non fosse successo a me. Poi visto che ero poco difesa ho fatto domanda per il porto d’armi da difesa. Vedo lo Stato come un padre che non vuole troppo bene ai suoi figli. Vorrei venisse istituito un fondo: non si può aprire un mutuo per un furto, come è accaduto a me, si va in miseria. La gente va fermata: deve sapere che c’è un rischio a entrare nelle case degli altri. Non vogliamo il far west, ma non si può scivolare in questa situazione”. Non dimentichiamo, come sottolinea La percezione della paura,che bar e tabacchi sono gli esercizi commerciali più colpiti.

Alle armi spesso ci si avvicina per curiosità e motivi sportivi. Ciò non toglie che ci sia meno serenità nell’aria e anche chi possiede l’arma va controllato. Se uno si avvicina a noi al semaforo col coltello in mano e in auto c’è la pistola, non bisogna sparare bensì mettere le marce e andarsene: al centro del sistema deve essere la persona, non la proprietà.

Franco Birolo è un tabaccaio della provincia di Padova: nel 2016 fu condannato in primo grado a 2,8 anni di detenzione e a versare la somma di oltre 325mila euro per il risarcimento di un ladro che lo stava rapinando insieme tre complici: “In secondo grado sono stato assolto. Considero il fatto un incidente, non fu voluto: sapendo come è poi andata mi sarei comportato diversamente. Era il 26 aprile 2012, erano le due di notte…è iniziato il mio calvario, durato cinque anni. Mi espongo a interviste perché vorrei non capitasse ad altri la stessa esperienza”. Il Viminale dice che le rapine sono scese nell’ultimo anno, ed è vero, ma rispetto agli anni Settanta sono 2,5 volte tanto e i colpevoli spesso la fanno franca. Nei poligoni ci sono persone normali. Servirebbero leggi come nella Repubblica Ceca, dove ci sono giusti controlli ma non paletti su chi è già controllato. Si va a processo solo se si riscontrano reali motivi, altrimenti è legittima difesa. Inoltre c’è opposizione al risarcimento: come negli Stati Uniti e in altri paesi europei, a chi si è procurato dei danni durante la commissione di un reato nulla andrebbe dato. Il Regno Unito è il paese con le leggi più restrittive, in Repubblica Ceca si può richiedere con una certa facilità il porto d’armi: tra questi due estremi si evince che il Regno Unito è il paese più violento.

Il poligono è anche condivisione in un luogo dove si spara solo a bersagli, ci vanno insieme intere famiglie. Avere il porto d’armi in Italia responsabilizza molto: basti dire che essere fermati per troppo alcol durante un normale controllo stradale ne provoca il ritiro immediato. Alessio Carparelli sottolinea che “con i social è cambiata l’informazione ma anche la criminalità. L’esperienza aiuta a organizzare meglio una risposta, a valutare una situazione di pericolo, ma non toglie il senso della paura”. Bisogna provvedere a noi stessi nel rispetto della legge. E’ la mente la soluzione: se vengo aggredito ho solo due opzioni, o mi difendo o non mi difendo.

Il 24 novembre 2015 Rodolfo Corazzo, è rientrato a casa in moto: “Scioccamente non ho verificato che il cancello fosse chiuso e dunque in garage sono stato aggredito da tre individui. Siamo saliti in casa, c’erano mia moglie e mia figlia. A me era rimasta una pistola nascosta, tutte le altri armi, regolarmente denunciate, le hanno prese i banditi. Minacciavano di farci fare una brutta fine se non trovavano la cassaforte, a mia figlia hanno detto che mi avrebbero tagliato le dita una a una. Quando si sono allontanati io ho messo la famiglia in sicurezza e li ho attesi con la pistola pronta. Quando mi hanno visto sono fuggiti, ma non riuscivano a trovare l’apertura del garage. Mi sono venuti contro, ho sparato, ne ho colpito uno al cuore. Con l’auto di mia moglie hanno sfondato il cancello, poi lo hanno abbandonato in strada. Era un ergastolano fuggito dal carcere di massima sicurezza, aveva già ucciso due volte, era evaso dal carcere di Parma e da quello di Palermo. Senza pistola ci avrebbero uccisi. Sono arrivati i vicini, abbiamo seguito un percorso di recupero psicologico, a distanza di tutto questo tempo mia figlia non è ancora tranquilla”.

Parlare di armi incute timore ed è controverso perché non esiste la formula perfetta, servirebbe più aiuto dalla politica. Le armi non servono per giocare: il problema non è la diffusione delle armi ma il controllo di chi le ha: “Non c’è controllo sulle armi bianche -dice Carparelli– e poi quanti omicidi vengono fatti con armi legalmente detenute e non prese al mercato nero? Potremmo scoprire che il numero è risibile”. Ma qualunque cosa accada…resta sempre la paura il nemico più temibile.

Scopri di più.

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